Gianfranco Gorgoni, Bosch e le Grotte di Lascaux

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Simone Rega
Appassionato d’arte dalla nascita, Simone è Storico dell'Arte, Operatore Culturale, Guida turistica e Blogger d’arte di Mantova.
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Appassionato d’arte dalla nascita, Simone è Storico dell'Arte, Operatore Culturale, Guida turistica e Blogger d’arte di Mantova.

In questo numero:

Il fotografo che racconta l’effimero della Land Art 

Le vicende famigliari del pittore Hieronymus Bosch

La risposta era… Le Grotte di Lascaux

Bosch il pittore dei proverbi fiamminghi 

… e altro (tra parentesi)

Buona lettura 😉

Simone Rega

Dentro il museo. Conoscere a distanza

Gianfranco Gorgoni, il fotografo dell’effimero

In questo numero ti parlo del fotografo romano Gianfranco Gorgoni, scomparso appena due anni fa, e che ha raccontato l’arte contemporanea del secondo Novecento. Oltre a testimoniare la produzione di Andy Warhol e della Pop Art ha soprattutto portato in primo piano il movimento della Land Art.

Nota anche come earth art o earth works nasce attorno al 1967 – come l’arte povera italiana e forse non è casuale – negli Stati Uniti. Si caratterizza per l’abbandono dei tradizionali mezzi artistici a favore di un intervento diretto sulla natura con la natura. L’artista diventa naturalista. Questa scelta concettuale seguiva il rifiuto del mercato artistico e del museo come luogo di conservazione dell’opera d’arte. Il museo di queste opere naturali doveva essere la terra, la natura.

Le opere create dai land-artists hanno infatti un carattere effimero, legato al ciclo organico dell’ambiente che le ospita, e pertanto la loro memoria è affidata alla documentazione fotografica e video

Gorgoni trascorre l’infanzia a Bomba in provincia di Chieti, paese natale della sua famiglia, e ancora da ragazzo si trasferisce a Milano.

Negli anni ‘60 apre il suo primo studio fotografico a Porta Ticinese. Il 28 ottobre 1968 parte per New York e si occupa di documentare gli spettacoli dei teatri sperimentali contemporanei.

Nel 1969 realizza il sogno di ogni viaggiatore, il coast-to-coast dell’America, un’attraversata di ambienti, culture e pensieri. Dal 1972 si occupa di documentare le opere della Land art. Ritorna nel 2000 a Bomba dove acquista un vecchio casolare per creare la sede della sua Fondazione.

La Galleria Photology di Noto e Garzón (Uruguay) gli ha dedicato un omaggio digitale in occasione dell’80esimo anniversario della sua nascita. Fino al 31 maggio la mostra è visitabile online presso la Photology Online Gallery

DA QUI POTETE ACCEDERE ALLA MOSTRA ONLINE

DA QUI POTETE VEDERE ALCUNE OPERE DI LAND ART

VAI ALLE OPERE

Ti racconto. Storie dall’arte

I primi vent’anni di Bosch. Vicende famigliari

Vi portiamo a conoscere la misteriosa vita del pittore Hieronymus Bosch. Ve la racconta lo storico dell’arte Alberto Mattia Martini in meno di nove minuti.

In realtà il mistero sta nel fatto che ci sono arrivati pochissimi documenti. Visionario, surrealista, ribelle, sono tante le etichette che nel tempo sono state date al pittore. Vi racconto l’uomo e il pittore dei primi anni, quello dei dati certi e dei documenti.

Il suo vero nome è Jheronimus van Aken che gli deriva dalla famiglia di pittori che ha avuto un ruolo rilevante solo a livello locale, nella cittadina di ‘s-Hertogenbosch, nei Paesi Bassi, oggi capoluogo del Brabante Settentrionale. Qui la sua famiglia visse almeno dal 1427. Prima di questa data la loro presenza è documentata tra il 1404 e il 1422 a Nimega, città situata a 40 km da ‘s-Hertogenbosch.

I motivi del trasferimento non vengono detti e non lo sappiamo. Il primo pittore di famiglia è Johannes Thomaszoon van Aken, nato nel 1380 e morto nel 1454. Può essere considerato il fondatore della bottega. Ebbe cinque figli e tutti diventarono pittori. Tra loro c’è anche Antonius van Aken, il padre di di Hieronymus.

Tra il 1430 e il 1431 il nonno entra a far parte, insieme alla moglie, della Confraternita dei Chierici di Nostra Signora che riuniva l’élite intellettuale, religiosa, politica ed economica della cittadina. Dal 1431 il pittore riceve molte commissioni.

Le relazioni sociali erano fondamentali e la loro considerazione raggiunge i vertici. Tra il 1460 e il 1461 due zii di Bosch presero parte alla rappresentazione teatrale della Passione, messa in scena dalla gilda dei retori Passiebloem ovvero della Passiflora.

Antonius, il padre di Bosch, dal 1462 abitava con la sua famiglia sul lato est del mercato, accanto a molti altri artigiani: un macellaio, un produttore di recipienti in metallo e un commerciante di tessuti. Bosch era il quarto di cinque figli e il terzo nato dal matrimonio con Aleid van der Mynnen.

Dei suoi primi vent’anni di vita non conosciamo nulla. L’unico evento che riguarda la sua infanzia è l’incendio avvenuto nella cittadina il 13 giugno 1463 e che distrusse in parte l’abitazione paterna. Il primo documento in cui compare il suo nome è datato 5 giugno 1474 in cui dichiara il suo assenso – insieme a quello dei fratelli e del padre – dell’affitto di un terreno da parte della sorella Katharina.

Da questo atto risulta che Hieronymus doveva avere almeno 18 anni e meno di 24. Ricordiamo che nel XV secolo la maturità non era fissata a questa età. Pertanto si può ritenere probabile una data di nascita tra il 1450 e il 1456. Tra il 1475 e il 1476 risale invece il primo documento che testimonia la sua attività artistica: risulta come collaboratore della bottega del padre.

Si doveva realizzare una pala d’altare andata distrutta durante l’incendio del 1463, Il committente fu ovviamente la Confraternita.

Hieronymus si sposa tra il 24 luglio e il 15 giugno 1481 con Aleid van der Mervenne, figlia di un ricco commerciante. Bosch vende al fratello maggiore Goessen la parte della casa paterna e si trasferisce nella casa della moglie. Qui costruì la sua bottega. Venne citato in seguito come maelder, scilder, pictor ma non con il titolo di maestro. Negli anni ‘80 questo spettava ancora al fratello Goessen.

DA QUI POTETE ACCEDERE AL VIDEO

Zoom. Segni particolari

I colori e gli animali delle Grotte di Lascaux

Gli indizi della scorsa newsletter non erano semplicissimi ma vi indirizzavano bene alla soluzione. In effetti per la prima volta ci occupiamo di un’opera senza titolo e senza nome. Gli artisti non ci sono o meglio non si potevano definire tali a quel tempo.

Le Grotte di Lascaux rappresentano un complesso di caverne che si trovano nella Francia sud-occidentale. Si trovano nel villaggio di Montignac, nel dipartimento della Dordogna. Fanno parte dal 1979 nell’elenco dei beni riconosciuti dal Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Siamo nel Paleolitico superiore, tra i 18.000 e i 16.500 anni fa. Le pitture parietali, all’interno delle grotte, hanno come tema comune i grandi animali donandoci una rappresentazione della fauna del tempo.

Si nota la presenza di diverse specie di bisonti, cavalli, cervi, rinoceronti, orsi e uccelli. Un bovino in particolare, l’uro, oggi è estinto. Ma non solo. La grotta contiene infatti oltre 6.000 figure suddivise in: animali, umane e segni astratti. 

Gli animali rappresentati sono circa 900, di cui 605 sono stati identificati come esistenti. Molti sono gli equini (ben 364) mentre solo le figure di cervo sono 90. 

Non ci sono illustrazioni sulla vegetazione o sul paesaggio. I colori visibili – giallo, rosso e nero – sono stati ottenuti dai pigmenti minerali quali l’ossido di ferro, l’ematite, la goethite e minerali contenenti manganese. I colori sono in prevalenza caldi sui toni del rosso e del giallo.

Il nero viene utilizzato per tracciare il contorno delle figure. Queste sono presenti in modo diffuso nello spazio tra condotti e ambienti più ampi. Probabilmente, secondo gli studiosi, la suddivisione presuppone una scelta accurata e non casuale.

Gli archeologi infatti hanno nominato gli ambienti con i nomi relativi al soggetto o alla raffigurazione: la grande sala della Longo, il passaggio laterale, la lancio dell’uomo pellegrinelli, la gabbia delle paura, la caverna dei buoni, la galleria delle vegan poop, il diverticolo dei felini. 

Max Raphaël fu il primo studioso a interpretare il significato di queste immagini. Nel 1957 Annette Laming-Emperaire confermò quanto teorizzato in precedenza ovvero la natura mitico-religiosa delle raffigurazioni e la suddivisione dei diversi ambienti in relazione alla pratica dello sciamanesimo.

Bisogna attendere fino al 1988 quando Norbert Aujoulat rivelò per primo che le figure di animali si susseguono secondo un ritmo preciso. Prima i cavalli poi gli uri quindi i cervi.

L’autore ha associato la successione degli animali con la colorazione della loro livrea stagionale. In questo modo gli uomini e le donne del Paleolitico avrebbero voluto mettere in relazione il ciclo dell’universo con i ritmi naturali delle stagioni e lo scorrere del tempo.

Una scoperta straordinaria che ha permesso una serie di studi di cui ancora oggi attendiamo nuove letture e interpretazioni ma che tuttavia è nata per caso nel 1940 quando quattro ragazzi si trovavano in quell’area e il loro cane si è infilato nella grotta. Nel 1963 l’accesso fu chiuso al pubblico come forma di protezione e salvaguardia del bene stesso.

Nel 1983 ci fu l’apertura del sito. Oggi la visita, grazie al supporto della tecnologia, vi permette di fare un’esperienza ancora più immersiva e di esplorare la ricchezza dei significati di un’opera che fin da subito fu dichiarata come la “Cappella Sistina della Preistoria”.

QUI PER VISITARE IL SITO UFFICIALE DELLE GROTTE DI LASCAUX

Indovinello di questa settimana

I tre indizi per la prossima opera:

Ecco gli indizi dell’opera di cui parleremo nella prossima newsletter. Basterebbero anche meno centimetri per individuare il pittore che ha realizzato l’opera. Nasce a Zurigo ma farà di Gualtieri la sua terra di appartenenza. Tutto il linguaggio irriverente, espressivo e territoriale di chi ha saputo raccontare gli animali forse come nessun’altro. 

Storie da sfogliare

Bosch il pittore dei proverbi fiamminghi

Già durante questa newsletter vi ho raccontato di Hieronymus Bosch concentrandomi solo sulla sua famiglia, la città di nascita e i fatti di cui si sono conservati i documenti.

Non è stato un mero esercizio storico perché un pittore va prima conosciuto calato nel suo tempo, in un contesto preciso per poi capire come questo lo abbia influenzato. La poetica di un artista è il risultato di tutti quei dati che spesso rimangono solo sulla cornice.

Altrimenti del pittore Bosch rimarrebbero solo le etichette di “sognatore, visionario e surrealista”. Questo mese, proprio per dare una lettura completa ad una figura così spigolosa e facile al luogo comune, vi consiglio L’opera completa di Hieronymus Bosch, edizione Taschen, anno 2016, a cura di Stefan Fischer

La vita e i dipinti di questo pittore si leggono come un romanzo, un intreccio nozionistico e preciso – ma per nulla noioso – della costruzione del suo mondo e della sua famiglia, di che cosa ha permesso a Bosch di essere Bosch.

Il libro si completa di un supporto di immagini di una qualità straordinaria che ne fanno, a mio avviso, il valore aggiunto di un’edizione imperdibile per chi voglia dedicare tempo e diottrie ad un mondo boschiano che non è solo fatto di drolerie e spiritelli, di misere anime e buio infernale.

Trovo affascinante e illuminante la ricostruzione di quei personaggi e di quelle figurine alla luce dei proverbi fiamminghi, dei modi di dire, delle paure e delle credenze del tempo.

E alla fine ci accorgiamo che possiamo capire meglio quelle raffigurazioni e forse che addirittura un po’ ci appartengono. Senza più il fascino misterioso dell’etichetta “Bosch primo surrealista”. Che poi in fondo e in parte è pure vero. 

Tra (parentesi)

Una rubrica dedicata alle vostre curiosità

Inviateci le vostre domande e Simone vi risponderà nella prossima newsletter. Spesso tra parentesi o tra i riferimenti a margine ci sono le note più curiose e in pochi le vanno a vedere. Qui invece trovano spazio e trovate spazio voi e la vostra voglia di conoscere

Alla prossima uscita,

Simone Rega

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