Il progetto Sonus, una mostra di mostri, le donne di Lautrec e la miniaturista

Picture of Simone Rega
Simone Rega
Appassionato d’arte dalla nascita, Simone è Storico dell'Arte, Operatore Culturale, Guida turistica e Blogger d’arte di Mantova.
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Simone Rega
Appassionato d’arte dalla nascita, Simone è Storico dell'Arte, Operatore Culturale, Guida turistica e Blogger d’arte di Mantova.

Oggi voglio condividere con te la nuova uscita della Newsletter sull’Arte.

In questo numero:

Quando le pitture si possono ascoltare

Una mostra di mostri. Gita fuori porta a Crema

Le donne di Toulouse-Lautrec

Rosalba Carriera e il romanzo sulla miniatura veneziana

… e altro (tra parentesi) 

Buona lettura 😉
Simone Rega

Dentro il museo. Conoscere a distanza

Quando “vedere” un’opera non sarà più sufficiente

Guardare un quadro o un’opera d’arte in generale non sarà più solo un’esperienza visiva ma, siamo certi che occorrerà cambiare il verbo di fruizione. Sarà una vera esperienza sempre più completa che riuscirà a sovrapporre tanti livelli diversi.

Ad esempio il sonoro, non proprio il senso che subito si pensa in relazione alla pittura.

E invece è nato da pochissimo il progetto Sonus, la prima collana sull’iconografia musicale, ideato e curato da Barbara Aniello della Pontificia Università Gregoriana.

Mosaici, affreschi, sculture e pitture a soggetto musicale che potranno essere fruibili dal visitatore attraverso contenuti sonori.

La fruizione sarà interattiva tra il visivo e il sonoro. I percorsi creati saranno fruibili attraverso un libro edito dal “Centro Di” che consentirà di ascoltare il suono che è “contenuto” ed espresso nelle opere d’arte.

Il primo volume del progetto sarà dedicato a Firenze

Come avevo scritto in un articolo delle precedenti newsletter la fruizione di un’opera non si limiterà solo alla visione e al classico biglietto.

La parola “esperienza”, è vero, sta per diventare più utilizzata del termine “pacchetto” eppure diventerà la modalità principale per conoscere un’opera d’arte in modo più approfondito.

In più, questa modalità, potrà permettere all’arte di diventare un campo accogliente e inclusivo anche per le cosiddette “categorie fragili” come sordi ed ipovedenti che potranno comunque conoscere l’opera attraverso altri livelli di lettura.

L’avvio di questa “chirurgia dei livelli” era cominciato con il qr-code che permetteva di aggiungere un ipertesto alla lettura dell’opera.

Concedete una possibilità a questa esperienza perché non si tratta di semplice azione tecnologica ma aggiunge attenzione e cura alla conoscenza.

Da qui potete accedere all’articolo

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Ti racconto. Storie dall’arte

A Crema una mostra di mostri che non fanno paura

Continuiamo il nostro tour autunnale tra le mostre nelle città italiane.

Vi porto al Museo Civico di Crema e del Cremasco. Nelle Sale Agello fino al 12 dicembre potete visitare una rassegna dedicata ai mostri nell’arte a cura di Silvia Scaravaggi.

Si tratta di una mostra che raccoglie 112 opere su carta tra grafiche, libri e illustrazioni dedicate alla figura del mostro e del mostruoso nelle arti in generale dall’Ottocento fino ad oggi

Il “mostro” non fa paura ma viene visto come una chiave che apre la serratura della possibilità per un viaggio in un’altra dimensione. Non si è voluto soffermarsi sulla deformità ma sulla sua accettazione ammettendo la mostruosità senza tuttavia definirla in una rigida etichetta negativa. 

La letteratura ha prodotto una serie di mostri e di scenari inquietanti che hanno affascinato artisti e pubblico fino a diventare forme consuete anche della nostra società.

L’Inferno della Commedia di Dante, Dracula e il mostro di Mary Shelley, figure che ci spingono verso l’ignoto e che spesso ci fanno dubitare della loro mostruosità e della nostra umanità. Il mostro è capace di riportare a galla narrazioni e storie seppellite da tempo e che spesso neghiamo o vogliamo negare. 

Il tema ha affascinato e continua a farlo. Per questo la mostra non rimane limitata all’Ottocento ma arriva al Novecento fino a toccare i giorni nostri dimostrando come il fascino del mostruoso è un lungo filo di cui abbiamo forse perduto l’inizio del gomitolo. 

Ci fa paura il non conosciuto e il non razionale perché siamo obbligati, da buona etichetta sociale, a vedere tutto con gli occhi della ragione.

Goya diceva che il sonno della ragione genera mostri ma qualche pausa, forse, dalla fredda razionalità potrebbe concederci di accettare anche l’altro, qualunque o qualsiasi esso sia.

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Zoom. Segni particolari

La Rousse e le donne di Toulouse-Lautrec

Gli indizi della precedente newsletter erano davvero semplici, parlavano francese e vi portavano verso un’unica soluzione possibile. Henri de Toulouse-Lautrec, il pittore di cui vi ho consigliato anche il romanzo, lo avete già preso? 

Non partirò dalla sua vita perché le opere da lui realizzate sono piccoli estratti biografici che raccontano meglio di una lunga sequenza di fatti e aneddoti.

L’opera, di cui vi avevo inserito il dettaglio, è La toilette, un olio su cartone di piccole dimensioni (67×54 centimetri) e realizzato nel 1889 quando Henri ha 25 anni e ormai è ospite fisso delle serate parigine a Montmartre.

Si tratta di un dipinto dal vero, realizzato proprio all’interno di una di quelle case d’appuntamento che lui spesso frequentava e dove passava una buona parte delle sue ore giornaliere. 

Il soggetto raffigurato, un chiaro rimando a Degas, viene preso di spalle con un taglio fotografico che mostra tutta la sua sconsolazione.

Degas nel 1886 aveva appena presentato all’ottava mostra impressionista un ciclo dedicato alle donne alle prese con la toilette. Risulta assai probabile l’interesse e il richiamo a quello stile e al suo soggetto. 

Capiamo fin da subito che si tratta di una prostituta alle prese con la toilette all’interno della sua stanza: la tinozza, gli asciugamani e un piccolo divano in vimini.

Non si tratta di una modella perché non c’è nessuna posa da imbalsamare, semmai un momento intimo da fermare nel tempo, con discrezione e tanto pudore che donano all’opera un senso di leggerezza e delicatezza.

Il punto di vista dall’alto ci consente di vedere meglio la scena ma senza quella civetteria maliziosa in cui potrebbe scadere l’opera ad un primo sguardo frettoloso. Come in Degas c’è solo la volontà di fermare un momento privato a cui Lautrec aggiunge uno stato di malinconia e di accettazione sociale considerando la prostituta una sua pari, un soggetto da non giudicare, una persona da ascoltare e vedere in tutta la sua purezza.  

Toulouse-Lautrec aveva una predilezione per le prostitute dai capelli rossi. Infatti l’opera è conosciuta anche come la Rousse

I tratti di Toulouse-Lautrec sono marcati, quasi a graffiare la superficie a differenza dei colori invece delicati e tenui.

Il pittore, estraneo al mondo borghese e aristocratico, si sentiva invece accolto e a casa sua nelle maison closes dei bordelli parigini dove non c’era finzione ma solo accettazione e tenerezza.

Le prostitute di Lautrec non cercano di sedurre e ammaliare, sono personaggi spesso tristi, veri e che mostrano il loro corpo con naturale franchezza, senza vergogna e falso pudore. Il desiderio viene sostituito da pose quotidiane, intime e quasi organiche come il gesto di pulirsi, di pettinarsi, mentre si infilano le calze o si tolgono la camicia. 

La grande sensibilità dello sguardo di Lautrec è data anche dalla posa, spesso di spalle.

Il pittore affermava come di un essere umano si riesca a capire la sua intima essenza attraverso una visione di spalle.

L’erotismo, la pornografia e i riferimenti sessuali sono del tutto assenti perché non gli interessano così come lo sguardo che spia e mette in scena il commercio del sesso.  

La ragazza che vediamo di spalle avrà sicuramente avuto un nome, un soprannome, una storia triste e un nastrino preferito per legarsi i capelli rossi.

Indovinello di questa settimana

I tre indizi per la prossima opera:

Ecco gli indizi dell’opera di cui parleremo nella prossima newsletter. Il pittore è francese, il titolo dell’opera contiene un colore e viene acquistata da un collezionista russo.

Storie da sfogliare 

La storia di una giovane ricamatrice. Venezia, Rosalba Carriera e l’arte della miniatura

Con questo libro vi porto a Venezia nella prima metà del Settecento a conoscere Aurora Zanon, ricamatrice dal destino segnato come tante altre sue coetanee.

Eppure Aurora riuscì a ottenere l’indipendenza e un altro futuro grazie alle sue qualità di pittrice tanto da diventare la più ricercata in laguna. Non sarà così facile per lei visto che dovrà affrontare una madre che sfrutterà i suoi guadagni e l’invidia del suo maestro.

E poi come non inserire una storia d’amore a Venezia?

La giovane s’innamora di Edward Marvell, lord inglese di passaggio per il suo Grand Tour. Aurora Zanon è un personaggio di fantasia fino a un certo punto perché le sue vicende ricalcano quelle di Rosalba Carriera che da giovane studia musica e pittura oltre al ricamo.

Rosalba Carriera, Autoritratto con il ritratto della sorella

Quest’ultima era l’attività a cui si dedicavano quasi tutte le giovani coetanee di Rosalba e Aurora. Rosalba cominciò la sua carriera dipingendo sulle tabacchiere quelle piccole e deliziose figurine di dame che faranno in seguito la sua fortuna.

Lei fu la prima che utilizzò l’avorio nelle miniature superando le regole accademiche precedenti che volevano la miniatura realizzata solo con tratti brevi, lenti e ben amalgamati.

Rosalba portò nella miniatura il tratto veloce della pittura veneziana, lo stesso a cui Tintoretto aveva abituato bene la laguna e l’Europa. 

La Miniaturista, edito da Fazi Editore nel 2011, è il primo romanzo di Silvia Mazzola, nata a Milano ma inglese d’adozione. Storica dell’arte specializzata proprio nel Settecento, l’epoca di cui tratta il romanzo che vi ho presentato.

Buona lettura!

Tra (parentesi)

Una rubrica dedicata alle vostre curiosità

Inviateci le vostre domande e Simone vi risponderà nella prossima newsletter.

Spesso tra parentesi o tra i riferimenti a margine ci sono le note più curiose e in pochi le vanno a vedere.

Qui invece trovano spazio e trovate spazio voi e la vostra voglia di conoscere.

Alla prossima uscita,
Simone 😉

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Una risposta

  1. Semplicemente affascinante,del resto il concetto del sonoro come chiave di lettura di un’opera d’arte è dato già da Wassily Kandinsky,spiegato molto bene nel libro Punto, linea, superficie che per me più che un libro è un trattato

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