Artiste donne: Artemisia Gentileschi, oltre gli abusi del suo tempo

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Salvatore Liardo
Appassionato di arte ed esperto di internet: unendo queste sue passioni è nato Cerchio di Giotto, di cui è uno dei fondatori e di cui coordina lo staff.
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Salvatore Liardo
Appassionato di arte ed esperto di internet: unendo queste sue passioni è nato Cerchio di Giotto, di cui è uno dei fondatori e di cui coordina lo staff.

Artiste donne: oggi è la norma, ma come è possibile immaginare non è stato sempre così. Quali sono state le donne che hanno lottato contro le convenzioni dei loro tempi pur di ritagliarsi uno spazio in quell’affollato pantheon che pareva essere destinato soltanto agli uomini? Scopriamolo partendo dalla tragica e monumentale figura di Artemisia Gentileschi.

Artemisia Gentileschi: oltre la violenza degli uomini

Artemisia Gentileschi nacque a Roma nel 1593: figlia di Orazio Gentileschi, grande amico di Caravaggio. L’ambiente in cui crebbe era molto stimolante rispetto a quello a cui erano confinate le altre donne in quell’epoca. Ebbe la possibilità di frequentare artisti e di praticare nello studio paterno. Il padre si prodigò per far conoscere a tutti l’arte della figlia. Purtroppo un terribile scandalo rischiò di stroncare la stella in ascesa: nel 1611 infatti, Artemisia venne stuprata da Agostino Tassi, collega ed amico di suo padre. Una donna non più vergine e non sposata era considerata una poco di buono: nonostante fosse la vittima della situazione. Tassi inoltre era già sposato, perciò era anche impossibile ricorrere a un matrimonio riparatore.

Il processo portò ulteriori maldicenze a diffondersi sul conto di Artemisia, la sua testimonianza fu resa sotto tortura, mentre le venivano schiacciate le dita. Nemmeno la sua fidata amica Tuzia fu dalla sua parte, alimentando lo stigma sociale verso la giovane.
Il racconto della violenza subita da parte della pittrice stessa che è arrivato fino ai giorni nostri è di un’intensa drammaticità. “Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne”.

Addio Roma

Dopo il processo, che non la tutelò anzi rovinò la sua reputazione, Artemisia fu costretta a lasciare Roma e a sposare un artista fiorentino semisconosciuto: Pierantonio Stiattesi. Tentativo fallimentare di riabilitare la Gentileschi agli occhi della società. Continuò a dedicarsi intensamente alla pittura, al punto da riuscire a farsi ammettere – come prima donna nella storia – all’Accademia delle arti del disegno.

Amici influenti

Con caparbietà continuò a proporsi in veste di artista, dopo il suo trasferimento a Firenze riuscì a intessere rapporti con intellettuali e mecenati del tempo fra cui Cosimo II de’ Medici. Fu amica di Galileo Galilei, con cui intrattenne un lungo rapporto epistolare e amata dal nipote omonimo di Michelangelo Buonarroti.

Fuga dal matrimonio

Le sventure e le malelingue non misero a tacere la sua passione e la sua ambizione: nel 1621 la donna prese le figlie, lasciò il marito, e tornò a Roma. Sarà poi la volta di Venezia e Napoli, presso cui si trasferirà definitivamente e morirà a causa di un’epidemia nel 1653, dopo una parentesi londinese.

La sua arte

Tema ricorrente fra i soggetti di Artemisia sono le eroine bibliche: non è difficile cogliere la trasposizione che l’artista propone chiaramente con sé stessa. Le donne che la Gentileschi rappresenta si ribellano con forza e se necessario violenza a una figura maschile che tenta di sovrastarle. Spirito tenace e combattente che Artemisia conservò per tutta la sua vita. Le sue figure plastiche, la monumentalità dei personaggi, gli accurati drappeggi delle stoffe, rivelano il pathos e la volontà di affermare la propria esistenza. I richiami inevitabili alla scuola caravaggesca sono facilmente riscontrabili nella pittura della Gentileschi, ma la donna riuscì a superare l’influenza determinando uno stile proprio, che la rese una firma in quell’universo che aveva osato sfidare, fatto di soli uomini.

 

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