In questo numero:
Un progetto di animazione sui colori. Si parte dal blu
La Scapiliata di Parma e perché bisogna andarla a vedere
La risposta era… Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi
Buona lettura 😉
Simone Rega
Dentro il museo. Conoscere a distanza
La storia dei colori passa dall’animazione
Qualche settimana fa vi ho proposto la lettura del “piccolo libro dei colori” di Michel Pastoureau.
Non li avevo spiegati nello specifico ma questa volta mi voglio soffermare sul colore blu, forse quello che più degli altri ha compiuto un’evoluzione incredibile.
Tenete conto infatti che nell’antichità non era conosciuto.
Nella Bibbia infatti, fatta eccezione per lo zaffiro, non c’è posto per il blu.
Così come sarà assente nel culto cattolico. Per trovare le prime tracce bisognerà attendere il XII e il XIII secolo. Così, per la prima volta, i cieli diventano azzurri.
Anche se prosegue la lunga tradizione di quelli color oro. Poi nel Rinascimento diventa il pigmento più costoso e nel Settecento assume il titolo di colore preferito degli europei.
La storia sarebbe ancora troppo lunga e allora lo portiamo già quasi ai giorni nostri con i blu jeans.
Fatta la doverosa premessa vi racconto di un progetto artistico davvero unico che parla emiliano.
La storia dei colori attraverso l’animazione.
A Reggio Emilia un team composto da una ventina di professionisti sta realizzando il primo video pilota proprio sul colore blu.
Sceneggiatori, illustratori, registi, grafici e designer, tutti e tutte assieme, fianco a fianco nel realizzare The Blue Knight – Il Cavaliere Blu.
Si tratta di un cortometraggio realizzato da Delicatessen e prodotto da Azabache Films.
L’animazione diventa uno strumento accessibile ed immediato che, proprio grazie al suo linguaggio, può arrivare ad un pubblico molto ampio e composto da differenti target.
Si tratta di una forma d’arte che può raccontare l’arte. Già da tempo sotto la voce “industrie creative”, è forse ancora necessario far uscire l’animazione da un contesto “per bambini” e consegnarle un ruolo fondamentale nell’educazione, nello sviluppo e nell’apprendimento.
Mi auguro che sempre più cose passeranno dall’animazione.
DA QUI POTETE ACCEDERE ALLA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO
Ti racconto. Storie dall’arte
La Scapiliata. L’anno giusto per vederla è questo!
Quando in un’opera viene fuori il nome di Leonardo da Vinci è la premessa per una sterminata bibliografia di giudizi critici e teorie attribuzionistiche.
Così è la sorte della cosiddetta Scapiliata, il disegno conservato presso la Galleria Nazionale di Parma. Questo è comunque davvero l’anno giusto per andare ad ammirare l’opera perché causa covid la città emiliana sta vivendo due anni da protagonista come Capitale Italiana della Cultura e il titolo del 2020 si è prolungato anche nel 2021.
“Fa tu adonque alle teste li capegli scherzare insieme col finto vento intorno alli giovanili volti”.
Scrive così Leonardo in un passo del Trattato della pittura per descrivere come raffigurare i capelli. Tuttavia, a parte questo, non ci sono documenti coevi che ne testimoniano la realizzazione e l’attribuzione a Leonardo.
Il termine “scapigliata” compare per la prima volta nell’inventario dei beni del duca Ferdinando Gonzaga datato 1627. A questa data dunque l’opera di troverebbe nel Palazzo Ducale di Mantova nella collezione Gonzaga.
Si parla espressamente di “un quadro dipintovi una testa d’una dona scapiliata, bozzata, con cornici di violino, opera di Lonardo d’Avinci, stimato lire 180”. Ma non è certo si tratti della stessa opera conservata oggi a Parma.
Il disegno ha una sua storia più certificata solo a partire dal 1826 quando gli eredi del pittore Gaetano Callani donano l’opera all’Accademia di Belle Arti di Parma. Ma il passaggio non avviene. Sarà la Galleria Palatina ad accoglierla nel 1839 e da allora attribuita a Leonardo.
Non voglio provare a fare quel lavoro compilativo di raccolta di attribuzioni, date, varianti e confronti. Mi limito a chiudere con una conclusione che tenta di uscire da quella dialettica per rimanere circoscritta invece nel campo delle forme e nell’area geografica.
Parma è la città dove lavorerà Antonio Allegri detto il Correggio che al momento dell’opera di Leonardo è un ragazzino. Ma da lì a pochi anni andrà a Mantova presso la bottega di Andrea Mantegna.
Qui si forma per fare ritorno poi in Emilia dopo il 1506 alla morte del pittore dei Gonzaga. Appare evidente quale sia il debito di forma, di morbidezza e di raffinate linee che Correggio deve proprio a Leonardo.
La Scapiliata, a mio avviso, potrebbe essere un anello di congiunzione tra la pittura lombarda e quella emiliana. Dentro questa considerazione non c’è un passaggio di testimone quanto la bellezza della storia dell’arte. Le forme e gli stili sono sempre ibridi, sono aperti, non hanno confini né scatole rigide in cui inserirli. Andate a Parma, sedetevi di fronte all’opera e riflettete.
Di seguito vi lascio la scheda tecnica dell’opera.
Scheda descrittiva: Leonardo da Vinci, Testa di donna detta “La Scapiliata” (1492 circa – 1501; biacca con pigmenti di ferro e cinabro, su preparazione di biacca contenente pigmenti a base di rame, giallo di piombo e stagno su tavola di noce, 24,7 x 21 cm; Parma, Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale).
DA QUI POTETE ACCEDERE ALLA SCHEDA DELL’OPERA
Zoom. Segni particolari
Il condottiero Guidoriccio. Discussione attorno ad un affresco
Ecco gli indizi dell’opera di cui parleremo nella prossima newsletter.
L’immagine, seppur tagliata per rendervi più complicato il riconoscimento, è un’icona della pittura senese. Di grandi dimensioni, datata 1330 e collocata a Siena.
C’erano davvero alcune parole chiave che facilitavano molto la soluzione.
Il centro da cui partire è Siena, la città difesa da Guidoriccio da Fogliano che non è senese ma di emiliano. Guidoriccio è un condottiero e un capitano di ventura che, dopo essere stato vicario imperiale a Reggio Emilia, podestà di Verona e Padova, passa a Siena come capitano dell’esercito della Repubblica.
L’opera di Simone Martini, datata 1330, mostra il capitano a cavallo e di profilo mentre va all’assalto del Castello di Montemassi in Maremma nell’anno 1328.
Quindi l’affresco di Martini rappresenta un evento avvenuto due anni prima.
Il condottiero si muove su un paesaggio minimo: un accampamento, una città, il rilievo delle montagne e poco altro. Simone Martini quando realizza l’opera ha 46 anni e lavora al Palazzo Pubblico di Siena dopo averci lavorato 15 anni prima.
Si tratta di un affresco di enormi dimensioni (340 x 968 centimetri) e si trova raffigurato nella Sala del Mappamondo.
Guidoriccio, in solitaria, diventa l’immagine simbolo della potenza dell’esercito senese. In verità l’opera è al centro da decenni di una controversia che ne mette in discussione la datazione e la paternità a Simone Martini. Nel 1980 sotto l’intonaco è stata riportata alla luce un un’altra scena sempre attribuibile a Martini ma di datazione successiva al 1330.
Nel 2010 un antiquario palermitano è entrato in possesso di cinque pergamene che fino a quella data si trovavano nascoste nella copertina di un libro. Raffigurano i bozzetti dell’affresco del Guidoriccio.
Le pergamene sono firmate da Francesco e Domenico d’Andrea e risalirebbero all’anno 1440 circa. Secondo quanto emerso dalle ultime indagini dunque è probabile ipotizzare che l’opera “Guidoriccio all’assedio di Montemassi” sia un rifacimento quattrocentesco di un originale perduto di Simone Martini.
DI SEGUITO POTETE CONSULTARE UN ARTICOLO SUL PERIODO STORICO E IL RITROVAMENTO DEL 1980
Indovinello di questa settimana
I tre indizi per la prossima opera:
Ecco gli indizi dell’opera di cui parleremo nella prossima newsletter.
Si tratta di un piccolo particolare che però racconta molto del tipo di pennellata del pittore che inizia con uno stile più “chiuso” e termina la carriera con uno più “aperto”.
Il dipinto si trova in una Galleria (non vi posso dire quale perché sarebbe come risolvere l’indovinello) e l’autore è veneto.
Storie da sfogliare
Vi piacciono gli aneddoti sugli artisti? Ho il libro per voi!
Le letture estive, quelle da ombrellone o da montagna, possono avere dimensioni e spessori diversi.
Chi preferisce i centimetri di un classico, chi la suspense di un giallo e chi invece rispolvera le biografie. Un po’ di anni fa mi capitò tra le mani un libro davvero divertente perché veloce, dalla grafica accattivante e ricco anzi ricchissimo di aneddoti Si chiama Vite segrete dei grandi artisti, edito da Electa nel 2013 e scritto da Elizabeth Lunday, giornalista specializzata in arte e architettura.
Ve lo consiglio perché può essere letto come un giornale, senza seguire un ordine fisso, potete saltare anni, secoli e personaggi senza uscire dal mood del libro.
Da Jan Van Eyck a Andy Warhol, più di 500 anni di storia e di storie. Gli aneddoti sono davvero curiosi. Si parte da quelli noti per scendere in dettagli non scontati. Il formato è quasi tascabile ed è comodo se siete in spiaggia, in montagna o in viaggio.
Fatemi sapere quale aneddoto già conoscevate e quello che proprio vi ha stupito e, tra tutte, la biografia che avete preferito.
Tra (parentesi)
Una rubrica dedicata alle vostre curiosità
Inviateci le vostre domande e Simone vi risponderà nella prossima newsletter. Spesso tra parentesi o tra i riferimenti a margine ci sono le note più curiose e in pochi le vanno a vedere.
Qui invece trovano spazio e trovate spazio voi e la vostra voglia di conoscere.
Alla prossima uscita,
Simone Rega